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Martina Franca

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Marzo 15, 2023

Territorio

Posta sulle colline sud orientali della Murgia, Martina Franca si trova ad un’altitudine di 431 m s.l.m. e copre una superficie di circa 299 km², risultando al quarantesimo posto per ordine di estensione fra i comuni italiani.

Nell’agro circostante sono presenti numerose grotte; nella frazione di Monte Fellone di notevole rilevanza archeologica risultano la grotta Cuoco e la grotta Monte Fellone.

La stazione meteorologica di riferimento è quella di Martina Franca Specchia Tarantina.

Il termine Martina deriva dalla devozione degli abitanti già dal Mille a San Martino di Tours, infatti il primitivo insediamento della città nacque su monte detto appunto di San Martino, mentre l’aggettivo Franca fu aggiunto da Filippo I D’Angiò nel 1310 quando riconobbe alla città diversi privilegi, ossia franchigie e la demanialità perpetua. Allora nel 1310 la città fu chiamata Franca Martina, poi nel corso dei secoli, perdendo la demanialità perpetua, scomparve l’aggettivo Franca. Solo dopo l’unità d’Italia, nel 1861, la città fu ribattezzata Martina Franca.

Uno dei più antichi insediamenti umani è presso Monte Fellone. I ritrovamenti (tra cui frammenti di ceramica impressa, incisa, graffita) della grotta Monte Fellone, oggetto di scavi archeologici negli anni sessanta testimoniano la presenza umana dal neolitico al IV secolo d.C.. Nel caso di Monte Fellone, l’allevamento di cavalli risale già al medio neolitico, fenomeno alquanto raro per il Sud Italia e unico in Puglia. Numerose sono le specchie, la più nota delle quali è Specchia Tarantina, in corrispondenza del confine tra i territori messapi e tarantini, con funzione difensiva, di controllo del territorio e di demarcazione territoriale

Architetture religiose

Basilica minore di San Martino

Eretta nella seconda metà del Settecento, su iniziativa dell’arciprete Isidoro Chirulli, sul luogo ove sorgeva la precedente collegiata romanica, è un esempio del barocco martinese. Si caratterizza per la maestosa facciata, sulla quale spicca centralmente l’immagine del Patrono che divide il mantello con un mendicante ad Amiens. Nell’interno degni di nota sono l’altare maggiore in marmi policromi del 1773 di scuola napoletana, l’ampio cappellone del Santissimo Sacramento, un presepe opera di Stefano da Putignano e varie tele di Domenico Antonio Carella.Ospita le reliquie di Santa Comasia, che la tradizione vuole martire tra il II e il IV secolo e di Santa Martina.

Architetture civili

Palazzo Ducale

Iniziato nella seconda metà del Seicento per volontà del duca Petracone Caracciolo, in esso l’elemento rinascimentale si incrocia con il Barocco d’ispirazione leccese e l’impronta architettonica locale. Un tempo residenza dei duchi Caracciolo, è sede del Municipio. Notevoli all’interno le sale dell’Arcadia, del Mito e della Bibbia, che prendono il nome dai cicli di affreschi in esse ospitati, tutte opere del pittore francavillese Domenico Carella che le eseguì nel 1776.

Palazzi signorili

Sono di seguito riportati i palazzi signorili più significativi dal punto di vista storico e artistico di Martina. Ogni palazzo è riportato con la denominazione storica originaria, ossia della famiglia che lo ha fatto costruire e a seguire il nome delle famiglie che nel corso dei secoli sono subentrate per ragioni di eredità o di acquisto dell’immobile.

Centro storico

L’urbanistica del centro storico martinese si caratterizza per abitazioni sviluppate in senso verticale: i locali al pian terreno, e talvolta parzialmente interrati, erano adibiti a bottega. Al primo piano, invece, si trova la zona giorno, con cucina e sala da pranzo. Di solito era presente anche un camino, che assolveva a una duplice funzione: serviva a cucinare le pietanze e fungeva da stufa, sia per il primo piano sia, grazie alla canna fumaria, anche per i piani superiori.

In questo piano è facile trovare anche un imbocco del pozzo, che a differenza della canna fumaria ha un “camino” che arriva fin sotto la casa, nel luogo in cui è situata la cisterna d’acqua, per lo più di origine piovana. Il pozzo veniva sfruttato anche come un rudimentale frigorifero, in virtù della freschezza garantita dalla pietra calcarea del sottosuolo martinese. Gli alimenti venivano depositati in un secchio di rame o di ferro a fondo piccolo e bocca larga (un mezzo cono capovolto) e fatto adagiare a “pelo d’acqua” nel pozzo. Il secondo piano è la zona notte. Qui c’è la stanza, o le stanze, da letto, generalmente con un balcone o una finestra, che comunica con il tetto della casa.

Il tetto viene sfruttato in vari modi. Generalmente è uno spazio utile per stendere il bucato o anche per imbandire tavolate (alcune case hanno il tetto comunicante e allo stesso livello della casa vicina, spesso senza alcun muro separatore). D’estate i tetti si trasformano in veri essiccatoi naturali: gli anziani vi fanno essiccare fichi, noci, fave e altri alimenti, o “spurgano” la lana e i materassi. La particolarità delle case pugliesi, a differenza del resto della penisola italiana, sta nel fatto che i tetti sono in stile greco, cioè piatti e non spioventi. Questo perché il clima pugliese è molto mite, fresco, senza particolari precipitazioni (è raro vedere la neve alta, come è invece accaduto nel 1985). Le poche spiovenze servono per incanalare l’acqua nelle cisterne calcaree poste nel sottosuolo (chiamate comunemente ù pozz’) che erano una fonte di acqua utile, visto la scarsità di quest’ultima nella regione.

Caratteristica importante del centro storico erano le vie strette e piene di “spigoli”, vicoli ciechi e le strade nascoste: un vero labirinto urbano. Questo assetto anticamente presentava un duplice vantaggio: in caso di invasione nemica, infatti, era un mezzo per guadagnare tempo durante un’eventuale fuga, o per tendere imboscate ai nemici sfruttando vicoli ciechi e vie “nascoste” o poco visibili.

Stadttor

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